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L'autore
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"Galleria 74", Foggia, ottobre
1980.
Prefazione dell' autore in catalogo.
Al di là
delle sue premesse ideologiche il movimento informale aveva dimostrato,
forse per la prima volta così chiaramente, che l ambiguità dei segni
e delle forme rendeva possibili in modo sorprendente fruizioni mutevoli,
a ciascuna delle quali l opera poteva risultare sempre diversa. All
idea di un opera, di per sè non chiusa e conclusa, ma aperta a possibilità
di più conclusioni coerenti, corrisponde quella di un fruitore attivo
che, col suo intervento, che in questo senso è anche intervento creativo,
conclude l opera rimuovendone il suo fondamentale stato di ambiguità.
E da notare a questo proposito, che il pensiero scientifico moderno
ci ha abituati ad un concetto simile, secondo il quale l osservazione
sperimentale perturba il fenomeno e la misura ottenuta è quella dello
stato in cui il fenomeno è stato costretto da questa. Così l opera
aperta si chiarisce in un preciso significato solo in seguito al confronto
che l osservatore ne fa col proprio repertorio di stati d animo;
ma questi stati d animo sono a loro volta lo specchio dei tempi in
cui l opera è stata concepita e di cui è testimonianza. Fare pittura,
o poesia, significa dunque, oggi come sempre, vivere il mondo, confrontarsi
con esso, fare affiorare i dubbi dell uomo e tentare di esorcizzare
l inquietudine che ne deriva attraverso l impegno poetico. Credo
perciò che ogni pittore sia sopratutto una persona, profondamente
dubbiosa, che, col suo lavoro e la sua ostinazione ha sviluppato dentro
di sè delle forze che lo spingono ad esprimersi in un fantastico ed
ostinato processo di chiarificazione interiore. Spero che queste premesse
spieghino la sostanziale irriducibilità delle mie figure a modelli
oggettivi e giustifichino la mia sensazione che questi modelli costituiscano
sempre un ostacolo al libero espandersi della fantasia. Quando guardo
una delle mie figure mi piace allora immaginarla come una parte di
un complesso e sconosciuto disegno, oppure come un frammento di una
ignota macchina, a volte anche strana e minacciosa, di cui solo i
particolari mi sono col tempo divenuti familiari fino all inverosimile;
altre volte può invece sembrarmi una parte di un assurdo monumento
elevato a qualche divinità tecnologica del nostro secolo. Ma di queste
figure sono solo le comuni stranezze, queste loro ambiguità e talvolta
apparenti assurde aggressività che mi interessano, perchè sono i caratteri
riferibili alla nostra reale vita quotidiana. E dunque in questi
territori, entro questi confini, forse volutamente vaghi e mutevoli
, che la mia pittura cerca una sua ragione d essere, una sua vita
ed una sua realtà.
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Dall'intervista all'Autore sul
tema "Terzofuturismo",
in occasione della Mostra: "10° Anniversario del Terzofuturismo e Dintorni ". Poggio Mirteto (Ri), ottobre 1998. |
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Per sostenere la tesi di una possibile esistenza oggi di un nuovo futurismo
si deve ricorrere alla definizione più generalizzata che questo movimento
ha avuto nel passato, almeno fino al 1944, anno in cui viene normalmente
considerata conclusa l'esperienza della seconda fase di questo movimento.
Questa descrive il Futurismo come movimento multidisciplinare in cui
si raccolgono artisti interessati a trovare all'interno della loro ricerca
tutte le basi di una comune tensione al futuro tipica di un movimento
di avanguardia che voglia perseguire un rinnovamento dei mezzi espressivi
e linguistici in una situazione storica in cui vanno maturandosi profondi
mutamenti culturali e sociali. Oggi la comparsa e l'emergere delle nuove
tecnologie (informatica, robotica di processo) si configurano come fattori
che sconvolgono il precedente sviluppo economico, produttivo, sociale:
a questi l'artista deve fornire un proprio punto di vista ed atti di
partecipazione che precorrano lo svolgersi degli eventi. Siamo in presenza
infatti di una rivoluzione economico sociale in atto, che di una vera
rivoluzione ha tutte le caratteristiche ed i crismi, ivi compresa la
scomparsa di una classe sociale e la comparsa di una nuova. Non sono
a questo proposito casuali le dispute di questi giorni, a tutti i livelli
politici, sulla riduzione dell'orario di lavoro in fabbrica e sulla
indefinibilità di una classe operaia alle soglie del Duemila. L'avvento
di macchine autonome intelligenti nella produzione industriale sta infatti
provocando nel mondo del lavoro mutamenti maggiori di quelli provocati
a suo tempo dall'introduzione della catena di montaggio nei processi
produttivi a larga scala. Questi ultimi mutamenti erano alla base delle
declamazioni entusiaste dei futuristi, che celebravano i ruggiti dei
motori e folli corse rombanti su cavalli di acciaio. L'avvento della
robotica sta oggi provocando effetti produttivi e sociali altrettanto
profondi, e probabilmente in un futuro assai prossimo devastanti, di
segno opposto a quelli sviluppatisi con l'avvento della catena di montaggio.
Infatti quest'ultima portò alla formazione e al consolidamento di una
classe operaia attraverso l'immissione in fabbrica di masse contadine
e artigiane a bassa qualificazione specifica, perchè la catena permetteva
la divisione del lavoro ed una produzione ad alta efficienza senza particolari
richieste di specializzazione individuale nel processo produttivo. L'avvento
della robotica e dell'informatica in fabbrica sta invece oggi portando
alla progressiva scomparsa della classe operaia attraverso riconversioni,
riduzioni degli orari di lavoro, prepensionamenti, concomitante ad una
forte accelerazione della produzione industriale resa possibile dall'
enorme efficienza produttiva dei nuovi impianti intelligenti. Alla fabbrica
sferragliante dei futuristi si sta sostituendo la fabbrica muta dei
microchips, all'uomo si sta sostituendo il robot, alla classe sociale
operaia una dirigenza di supertecnici estremamente circoscritta ed elitaria.
In questa ottica un nuovo Futurismo, terzo o quarto che sia, oppure
una qualsiasi esperienza artistica nuova e diversa, deve muoversi e
trovare un suo inserimento nel panorama artistico di fine secolo tenendo
conto di tutti gli scenari mutati. Lavoro da anni ad un progetto di
un processo di rappresentazione di strutture pittoriche che in tempi
passati ho definito "complessi e sconosciuti disegni di cui col tempo
solo i particolari mi sono diventati familiari fino all'inverosimile"
(da una mia prefazione in catalogo alla personale di Foggia nell'ottobre
1980). A distanza di tanti anni non ho avuto mai motivo di mutare parere,
né cercato una definizione più raffinata o più esplicativa di questa.
Certo è che un pittore non è particolarmente la persona più adatta a
definire la propria opera: infatti essa vive di dubbi e problematiche
che si alimentano a loro volta dallo stesso procedere del lavoro e sono
per questo motivo persistenti, mutevoli ed indefinibili. Ci sono però
alcune sintomatologie che rivelano l'esistenza di una vita interna autonoma
del dipinto: la sensazione che insorge nell'artista, in una fase avanzata
del lavoro, in base alla quale si stabilisce un contatto col dipinto,
ed in seguito al quale l'esecuzione appare accelerata da certi suggerimenti
piuttosto imperativi, che l'opera fornisce da quel momento in poi
al pittore sulle migliori modifiche o conclusioni che deve effettuare
per la riuscita della stessa. Il progetto di rappresentazione è nel
mio caso legato profondamente alla ricerca sul linguaggio pittorico
più che alla realizzazione di una figura dipinta predeterminata a tavolino.
La realizzazione procede mediante l'impiego di un grande numero di monemi
o di primitive pittoriche simili a tanti pezzi elementari coi quali
costruisco il quadro partendo da inserimenti iniziali casuali e procedendo
alla costruzione in organizzazioni sintattiche e strutture ritmate più
generali e all'eliminazione di quelle sottostrutture che ad un certo
momento risultano ridondanti e quindi non funzionali alla composizione.
Una parte assai importante del lavoro risiede nella realizzazione di
queste figure elementari che compongono una "libreria mentale di
primitive", di cui mi servo per la realizzazione del dipinto. E'probabilmente
legato alla libertà degli schemi e delle procedure da me seguite il
fatto che non sembra esistere un limite al di là del quale la realizzazione
del dipinto possa essere considerata conclusa: questo spiega l'estendersi
della progettualità in diversi quadri successivi e l'assenza dei titoli
delle opere esposte. Vi sono però delle linee guida generali che seguo
durante il procedere del dipinto in atto, di cui generalmente mi servo
per arginare le tensioni e il predisporsi casuale delle figure elementari.
La disposizione armonica di campiture iniziali sulla tela (spazi negativi)
serve per lasciare allo spettatore delle zone visive di riposo: il resto
della tela è messa a disposizioni del procedere della costruzione del
dipinto (reputo infatti sempre importante il rispetto delle tradizioni).
L'espressione generale, il ritmo, la ricerca continua di monemi e l'osservazione
delle modalità con le quali essi interagiscono, fanno parte del linguaggio
pittorico che uso: questa dedizione all'aspetto linguistico mi ha guidato
per gli ultimi due decenni e ad essa ho dedicato più metodicamente il
ciclo delle Effemeridi, in cui la varietà dei colori è arginata
in favore di un maggiore interesse per il linguaggio. Una contrapposizione
più apparente che reale a questo ciclo esiste (e volutamente favorita)
nei dipinti del ciclo Cronache, in cui il colore è usato meno
come elemento di linguaggio ed è più mirato allo studio aperto di accostamenti
tonali e alle suggestioni e suggerimenti tipici della pittura della
tradizione. Non sfugge a questa distinzione l'ultimo dipinto al quale
mi sono deciso di dare un titolo, studiato questo per due mesi durante
i quali si è modificato moltissime volte, lottando contro la mia pervicace
convinzione dell'inutilità dei titoli . Mi sembra che la lieve nota
di ironia che ne risulta conferisca a questa Cronaca di una Domenica
d'Agosto con Benedetto Zaccaria un modo simpatico, spero, di fare
accogliere con benevolenza la comparsa di nuovi elementi figurativi
oggettivi al di sopra degli elementi strutturali che animavano i dipinti
precedenti. |
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